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Trovata una strana sostanza tra due cibi diversi tra loro, ma che può essere dannosa: la scoperta da uno studio

Prima che entriate nel panico: la ricerca in questione è stata fatta in Germania, quindi riguarda prodotti alimentari tedeschi. In pratica un’indagine messa in campo dall’Ufficio federale per la protezione dei consumatori e la sicurezza alimentare (acronimo BVL) ha analizzato diversi prodotti e cibi presenti sul mercato tedesco. Fra di essi c’erano anche diverse confezioni di patatine fritte e olive. Ebbene, in questi due alimenti spesso si trovano livelli troppo elevati di acrilammide.

Attenzione all’acrilammide nelle patatine fritte

L’acrilammide è una sostanza chimica che normalmente si forma negli alimenti ricchi di amidi durante le cotture ad alta temperatura. Fra questi metodi di cottura figurano la frittura (qui trovi qualche consiglio su come pulire e filtrare l’olio da cucina), la griglia e il forno. Tramite un processo chimico chiamato “reazione di Maillard” (è quella che dà ai cibi quel leggero sapore di abbrustolito e di cui parlano spesso i giudici di MasterChef, anche se pure chef Giorgio Locatelli ha subito uno scivolone confondendo questa reazione con la caramellizzazione), ecco che da zuccheri e aminoacidi come l’asparagina si forma l’acrilammide.

La ricerca tedesca ha scoperto che più della metà dei 77 campioni di patatine fritte esaminati (quindi il 51,9%) superava il valore di 750 µg/kg. Molto probabilmente questo è dovuto al fatto che i tipi di verdure che si usano per realizzare patatine fritte (non solo le patate normali, ma anche le patate dolci, la pastinaca o le carote), sono tutte ricche di amidi e zuccheri riducenti che tendono a favorire lo sviluppo di acrilammide.

patatine fritte

E per le olive? Beh, qui il discorso è diverso. I livelli di acrilammide erano più alti in quelle olive scure in cui il colore non deriva dalla maturazione, bensì da un procedimento di ossidazione durante la lavorazione, procedimento che serve ad addolcirne il gusto. Solo che l’ossidazione e i trattamenti termici necessari per la conservazione, fanno sì che possa svilupparsi l’acrilammide. Nel caso delle olive, il valore medio riscontrato era di 290 µg/kg (nelle olive verdi e in quelle nere non trattare va da 11 µg/kg a 23 µg/kg).

Il problema con l’acrilammide è che non è stato ancora stabilito del tutto che non possa avere effetti cancerogeni o mutageni. Una volta che l’acrilammide è ingerita, ecco che è assorbita nell’intestino e da qui si distribuisce in tutti gli organi.

Fra i suoi principali metaboliti figura la glicidammide, molecola che, negli animali, aumenta le probabilità di sviluppare mutazione genetiche e neoplasie.

C’è da dire che gli studi sull’uomo hanno dato risultati discordanti per quanto riguarda lo sviluppo di tumori. Altri due studi, invece, hanno fatto notare come un’esposizione all’acrilammide possa causare una riduzione del peso alla nascita.