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Utensili da cucina in plastica nera sono davvero nocivi? Facciamo chiarezza

Uno studio sugli utensili di plastica nera ha generato allarmismi infondati riguardo alla sicurezza, ma errori metodologici e calcoli errati hanno ridotto le preoccupazioni legate ai ritardanti di fiamma.

Il dibattito sulla sicurezza degli utensili da cucina in plastica nera ha suscitato preoccupazioni in merito alla presenza di sostanze chimiche potenzialmente nocive. Questo tema è emerso in seguito alla pubblicazione di uno studio negli Stati Uniti, che ha sollevato interrogativi sui rischi associati a tali strumenti. Tuttavia, una revisione approfondita ha rivelato errori significativi nelle metodologie utilizzate, portando a una reinterpretazione delle conclusioni iniziali.

La regolamentazione dei materiali in plastica nera

Lo studio oggetto di discussione è stato pubblicato su una rivista scientifica da un gruppo legato a Toxic-Free Future, un’organizzazione statunitense che si batte contro l’uso di sostanze chimiche pericolose. La ricerca ha analizzato 203 articoli in plastica nera, tra cui utensili da cucina e giocattoli, alla ricerca di ritardanti di fiamma bromurati. Queste sostanze chimiche, contenenti bromo, sono state esaminate in particolare per la loro associazione con composti come il BDE-209, il quale è vietato nell’Unione Europea a causa della sua tossicità e della potenziale contaminazione nei materiali a contatto con gli alimenti, noto come MOCA.

I ritardanti di fiamma sono utilizzati per ridurre il rischio di incendi in vari materiali, ma il loro utilizzo è soggetto a normative severe negli Stati Uniti e in Europa. In particolare, l’Unione Europea ha istituito regole rigorose contro l’impiego di tali sostanze nei materiali destinati all’uso alimentare. Negli utensili da cucina, l’uso di ritardanti di fiamma non è giustificato, poiché questi articoli non sono esposti a situazioni di incendio durante il loro normale utilizzo. Qualora si riscontrasse la loro presenza, ciò sarebbe principalmente dovuto all’uso di plastica riciclata, proveniente da apparecchiature elettroniche in cui tali sostanze erano utilizzate in passato.

In Europa, la sicurezza degli utensili di plastica è garantita da regolamenti specifici sui materiali a contatto con gli alimenti, i quali richiedono valutazioni scientifiche da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Quest’ultima analizza la letteratura esistente e fornisce pareri che informano le decisioni della Commissione Europea riguardo a restrizioni su sostanze chimiche. I controlli sulla presenza di ritardanti di fiamma vietati nei MOCA sono rigorosi, e i prodotti conformi alle normative europee sono considerati sicuri per l’uso alimentare. L’impiego di plastica riciclata è permesso solo se originariamente destinata a tale uso o se trattata con tecnologie approvate dall’EFSA, riducendo significativamente il rischio della presenza di sostanze nocive negli utensili venduti legalmente nell’Unione Europea.

Plastic kitchen utensils on silver hooks on orange background

Analisi critica dello studio e delle sue conseguenze

Il report evidenziava la presenza di ritardanti di fiamma in 17 dei 20 campioni con maggiore concentrazione di bromo, un dato che, sebbene preoccupante, rappresenta meno del 10% dell’intero campione analizzato. Tuttavia, la copertura mediatica ha enfatizzato erroneamente un valore dell’85%, relativo solo a quei 20 campioni, contribuendo a generare un allarmismo ingiustificato e una distorsione della percezione del rischio reale.

In aggiunta, la valutazione dell’esposizione giornaliera al BDE-209 per un adulto di 60 kg, calcolata in 34.700 nanogrammi, è stata presentata come prossima al limite di sicurezza di 42.000 nanogrammi. Tuttavia, esperti del settore hanno identificato un errore di calcolo, evidenziando che il valore corretto sarebbe in realtà di 420.000 nanogrammi, dieci volte superiore, il che implica che l’esposizione effettiva sarebbe molto al di sotto della soglia di sicurezza. Ulteriori revisioni hanno ridotto la stima dell’esposizione a meno del 2% del limite consentito. Nonostante una correzione pubblicata dalla rivista, l’allerta mediatica ha continuato a prosperare, in particolare tramite i social network, mantenendo alta la preoccupazione fra i consumatori.