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alghe di mare

Sapete perché questo alimento dovrebbe essere sempre presente nella nostra dieta? Vi spieghiamo cos’è e come prepararlo

Le alghe ormai da qualche anno sono rientrate a far parte della nostra alimentazione ma non solo per noi, anche per l’ alimentazione animale negli allevamenti.

alghe di mare

Da tempo gli scienziati presentano questo vegetale di mare come un toccasana nelle diete, in quanto ricche di proteine e amminoacidi essenziali nonché minerali e vitamine del gruppo B.

Dove coltivare le alghe

Per la coltivazione delle alghe gli studiosi hanno individuato delle specifiche aree negli oceani. In particolare queste zone devono essere sempre riparate dai venti e correnti, oltre che essere esposte ai raggi solari.

In totale sono circa 650 milioni gli ettari idonei a questa coltivazione, con le aree più vaste in Indonesia e Australia. Dato che entrambi i Paesi hanno sotto il loro controllo economico ampie regioni oceaniche.

alghe per sushi

Se l’industria delle alghe arrivasse a crescere fino a costituire il 10% della dieta umana entro il 2050, la quantità di terra necessaria per il cibo verrebbe ridotta di 110 milioni di ettari.

Come abbattere le emissioni con il consumo di alghe

Tramite la coltivazione ed il conseguente consumo da parte di umani ed animali di queste alghe si prevede una riduzione delle emissioni di gas serra.

Il primo motivo riguarda il rapporto tra il volume del raccolto rispetto alla superficie impiegata per ottenerlo. Questo rapporto è estremamente favorevole alla coltivazione delle alghe rispetto alle colture tradizionali.

Il secondo motivo è riguardante alla alimentazione degli animali, infatti per i ruminanti, soprattutto le vacche, il problema delle emissioni è derivante alle eccessive ruminazioni che producono metano.

L’alga rossa in questo caso è stata studiata dai ricercatori con responsi positivi se impiegata come alimento per le vacche.

raccolta di alghe

Riducendo la ruminazione e di conseguenza le emissioni di metano. Al momento le alghe sono già presenti nelle diete di alcune popolazioni. In alcune parti dell’Asia costituiscono il 2% dell’alimentazione, ma si punta ad un incremento pari al 10% a livello globale.